lunedì 24 settembre 2007

"Indovina chi viene a cena? Il riscaldamento globale!" - Ovvero news vecchie e tendenziose di Eva Melodia e Irene Fabbri del Serra

Anche stasera (22 settembre 2007) qualche milione di persone ha avuto la sfortuna, più o meno masochista, di seguire il TG1, durante il quale qualche spettatore attento ha rischiato di svenire scoprendo che nella scaletta era stata inserita una notizia non solo interessante, ma anche rilevante.

Con infinito stupore, tra un matrimonio di riccone e un record di grandezza di lasagne battuto, per una volta hanno dedicato ben mezzo minuto (circa), “udite udite”, allo scioglimento dei ghiacci.
Il servizio, ispirato da profondo stupore per il fenomeno degli orsi polari e le foche che annegano, ha addirittura citato il fatto che i cuccioli di foca non sono più cacciabili perché muoiono annegati prima ancora che qualche primate in giacca e cravatta li bastoni in testa, non mancando naturalmente di citare gli animalisti che – secondo loro - almeno in questo, troverebbero una minima soddisfazione.
L’argomento era talmente drammatico da doversi mettere a piangere, il servizio talmente superficiale e tendenzioso da doversi rimettere a piangere non appena esaurite le lacrime per il motivo precedente.
Sta di fatto che in Italia (ma non solo) la verità è vera solo se la dichiara Rai 1 (o il servo della gleba di turno), e per questo ci sarebbe da chiedersi se stasera l'italiano medio, l'europeo medio, il consumatore medio, il possidente medio, l'essere umano medio, si sia finalmente e seriamente preoccupato oppure no.
Ci si aspetterebbe infatti un collettivo crollo dell'appetito, agitazione, qualche attacco di panico, telefonate ai ministeri in cerca di rassicurazioni, mentre invece nella vita reale (o meglio, in questa vita surreale), non accade nulla di tutto ciò: si passa subito e di buon grado a sorbirsi il servizio sulla Campbell e sul suo impegno contro le alluvioni in Inghilterra.
L'evidente gravità di una situazione come quella attuale, non si sa perché, è considerata tale solo dai protagonisti dei film catastrofisti, in cui di fronte ad un'apocalisse imminente o in atto, gli esseri umani accendono la spia rossa e cominciano a collaborare per salvare la buccia, e magari ripristinare quel minimo di buon senso necessario per tirarsi fuori dalle beghe e dimostrare di avere imparato la lezione. Ma nello stato di alienazione in cui stiamo vivendo non c’è spazio per la realtà, tanto meno se rischia di rovinarci l’appetito. Che diamine! Siamo consumatori, soprattutto di cibo. Non possiamo permetterci di far crollare il mercato.
Resta il fatto che, per qualsiasi persona realista e responsabile, un orso bianco che muore annegato non può proprio essere considerato un “aneddoto” utile a rimpinguare un patetico e noioso telegiornale, né tanto meno può apparire come una novità. E’ invece un allarme apocalisse, appunto, uno tra le miriadi che da almeno trenta anni ogni essere veramente senziente e capace di parola sul pianeta non ha esitato a riferire, illustrare, mettere in rilievo, ammonendo e rimproverando questo assurdo sistema umano, il tutto al fine di non giungere fino a dove siamo purtroppo giunti.
Uno dei tanti rilevanti esempi, a dimostrazione che i media in Italia arrivano in ritardo e male su questioni vitali, vanificando completamente il loro compito sociale, è sicuramente quello di Al Gore. Questo americano ricco e piuttosto potente (per nulla santificabile), grazie ai suoi molti soldi ed a un potere coerente con la vicepresidenza degli Stati Uniti, ha cercato di portare l'allarme riscaldamento globale ovunque, e già nel 2005 denunciava al mondo il ritrovamento degli animali polari annegati attraverso la produzione di un importante film che tutti dovrebbero avere visto, o almeno vedere il prima possibile: “Una scomoda verità”.
Insomma, già nel 2005 la produzione di questo film sfidò lo status quo, facendosi portavoce di dati e fatti drammatici in maniera esasperante, ripetendo di fatto ancora una volta le tesi allarmistiche e sfruttando gli aneddoti come gli orsi polari annegati, per risvegliare quel minimo di buon senso necessario a salvarci dalla rovina totale.
Domanda: Il TG 1 nel 2005 dov’era?
Dove erano tutti i media? Quanti di noi hanno visto il film, anche solo per poterlo criticare?
Risposta: troppo pochi. L’occultamento mediatico ha funzionato talmente bene che i media stessi non si sono accorti di nulla.
Proprio per questo, per questo buco informativo, pochissimi di noi si pregeranno di ricoprire di insulti Rai 1 denunciando lo scempio di servizio che offre alla nazione tutta, con notizie incomplete, tendenziose, e un tantino anacronistiche, così da ridurle (tanto per cambiare) solo a “news”, scollegate tra loro e sfuggenti, e non mostrale come la cima dell’iceberg, quali invece effettivamente sono.
Il servizio in questione addirittura citava “studiosi esterrefatti” da questo strano fenomeno di scioglimento repentino dei ghiacci. Solo per questa frase forse bisognerebbe citarli per danni, vista l’affermazione sottintesa (e che purtroppo passa), e cioè che trattasi di fenomeno quasi intangibile, privo di controllo, fugace, fuori portata.
Questi sono gli organi di informazione. E noi forse il nostro organo di informazione ce lo abbiamo in cantina da tempo, visto come siamo diventati manipolabili e fragili. Siamo come spugne che si bevono ogni idiozia, più o meno consapevolmente, anche quelli tra noi più agguerriti oppositori del regime specista-consumista.
Un esempio banale è di nuovo da rilevare nel fenomeno Al Gore, e nella sua iniziativa chiamata Live Earth. Al di là del merito, questo evento in Italia è passato in sordina, sopratutto lontano dall’attenzione di chi normalmente di ambiente si interessa. In un attimo è stata fatta passare l’idea dell’incoerenza intrinseca al progetto, e di fatto, il progetto in Italia non è neppure stato valutato dalla gente comune ma comunemente attiva. Come non fosse successo nulla.
Allora forse è il caso di ripetere un po’ per tutti come stanno le cose e in maniera semplice, stando agli ultimi dati ONU, FAO, ma anche di organismi meno famosi e decisamente più attendibili.
In sostanza: siamo nella pece. Fino al collo. L’invito ad approfondire è doveroso, in particolare presso il sito di www.climatecrisis.net.
Ma è meglio ricordare ancora una volta che il tanto pericoloso effetto serra è causato dall’uomo, dalle sue brutte abitudini, dalle sue potenti tecnologie, e dal numero spropositato di individui di cui l’umanità si vanta (indipendentemente da quanti di questi muoiono tutti i giorni di fame, malattie e povertà, per merito di quelli che come noi si godono i vantaggi di una certa inerzia e pigrizia radicale), e che questi tre fattori, con particolare rilievo delle cattive abitudini, si possono attribuire esclusivamente alla cultura specista con tutto ciò che essa comporta.
E’ bene anche ricordare che il 60% del disboscamento delle foreste amazzoniche è, di nuovo, causato dall’uomo, o dal fenomeno uomo-consumatore, che non ragiona con il cervello ma con lo stomaco e che per questo fa crescere a dismisura gli allevamenti di animali da macello, i quali - poveracci - non solo per vivere succhiano energie come una Ferrari, ma appunto disboscano, e tra gas intestinali, escrementi e scarti immettono nell’atmosfera la maggior parte del gas serra che tra poco ci soffocherà tutti.
Tutti questi dati, gli spunti e le riflessioni, sono pubblicati e fruibili grazie ad internet, ed è ormai un obbligo morale affrontarli.
Con buona pace della Rai e del TG 1, che di fatto non servono assolutamente più a nulla.

Eva Melodia e Irene Fabbri del Serra